mercoledì 22 aprile 2009

Sulla via del ritorno

Lasciare Los Angeles non costa fatica mentale: ma fisica. Le autostrade sono piene di macchine, e le strade cittadine non scherzano. Anche all'aeroporto il traffico non è male, ma almeno tutto è ben organizzato. E' la prima volta che mi capita che una valigia arrivi PRIMA di me... qualche volta m'è capitato arrivassero DOPO. Ma questo lo scoprirò solo tra qualche ora a Chicago... era un'anteprima!
Lasciamo la California a 30 e rotti gradi, sappiamo che in Illinois ne troveremo 4 o 5: ma adesso la voglia di rientrare è tantissima. C'è di mezzo tutto il viaggio... Ora io so che odio abbastanza gli aeroporti e sopporto a fatica gli aerei. Noia mortale, scomodità totale. Van solo veloci, ma ti costano ore di fatica prima e dopo il viaggio...

Ma, c'è una cosa da dire: arrivando su Chicago alle 10 di sera, cielo sereno, ampia visibilità, ho visto uno degli spettacoli più belli della mia vita. Una città immensa, illuminatissima, che si faceva sempre più grande sotto il nostro aereo all'atterraggio. Una magia davvero.

Beh poi il fatto di trovare le valigie già lì ad aspettarci (probabilmente le han caricate sul volo precedente: la United fà LA-Chicago 5 volte al giorno) ha dimezzato di colpo i tempi, che invece gli odiosi controlli dilatano all'eccesso. Ma perché il computer devo metterlo in una vaschetta per conto suo? se ci metto sopra le scarpe che problema c'è??? Mi puzzano i bit?

martedì 21 aprile 2009

We Did It! (Ce l'abbiamo fatta)

Ciao ciao Barstow, ci aspetta Santa Monica. Ci aspetta l'epilogo del nostro viaggio, l'ultima tappa. Quella più difficile, se vogliamo: e ce ne accorgiamo appena entrati nella parte di Interstate 40 che sovrasta la vecchia Route 66 verso il Pacifico. C'è un sacco di traffico, ci sono le corsie riservate al car pooling (più di 2 persone in auto) e comincia, poco alla volta, a farsi sempre più ridotto lo spazio tra una casa e l'altra. Dalle decine di chilometri siamo passati ai centimetri.

Sensazione visiva del distacco dal deserto e l'inizio della civiltà (?) è una ampia fascia grigio/marrone che si staglia all'orizzonte: lo smog californiano...
Prima della passerella finale, però, ci aspetta Rancho Cucamonga, ormai luogo di culto del nostro viaggio: lì, se tutto va bene, troveremo il tanto desiderato vestito bianco ostrica in popeline che Mariano desdiera da anni. E che qui ci sta sfuggendo! Beh, è scappato ancora... Niente abito! Tristezza e sconforto... ma si guarda avanti!

Avanti, in questo caso, significa Pasadena, il primo contatto con la megalopoli: qui la Route 66 si dissotterra e va a combaciare con una delle arterie principali della zona, la Pasadena Highway, che sfocia poi in Figueroa avenue e nell'interminabile Sunset Boulevard. Che non ha nulla di interessante se non il nome: sembra un bazar, altro che un luogo da sogno! E mentre in distanza, sulla nostra destra, si intravede la collina con le lettere "H O L L Y W O O D", noi lasciamo il Sunset per gettarci nel Santa Monica Boulevard, quello che porta al traguardo. Ma tra traffico e semafori, ci vuole almeno 1 ora per percorrerlo... e passa attraverso West Hollywood (mi fa venire in mente Michael Connelly e il suo Hyeronimus Bosh) ma anche lungo Beverly Hills. Sarà per questo che un'auto ogni tre che vediamo girare costa più del mio stipendio annuale?

Ed arrivati alla meta, gioia e stanchezza si fondono: fotoricordo davanti alla targa commemorativa, foto sotto l'arco che porta al pontile, pranzo: sono le 2, ci meritiamo un'insalata. magari seduti di fianco a una star? Niente star, poca insalata: ma che bel prezzo! E' proprio così, ritrovata la civiltà (?) aumentano i prezzi e calano le razioni!

Le sensazioni di queste due settimane abbondanti le lascio decantare e magari le pubblico (senza il magari) tra qualche giorno. Però un paio di numeri ci vogliono... La Route 66 misura ufficialmente 2278 miglia, pari a 3666 km. Noi ne abbiamo percorse, da quando siamo saliti in auto a Chicago, la bellezza di 4775, ben 1109 in più (tra deviazioni e "pascolate").
Abbiamo consumato 112 galloni di benzina, che sono ben 425 litri: media di 11 km/litro, che considerato il mezzo (il nostro Ford Escape 4x4) non son nemmeno male.

E adesso si torna a casa: domani in giornata Los Angeles-Chicago; notte nella città da cui siamo partiti, e poi un interminabile Chicago-Philadelphia-Milano per chiudere il cerchio.

lunedì 20 aprile 2009

Penultimo chilometro

"Desert road from Vegas to nowhere

Someplace better than where you've been

A coffee machine

that needs some fixing

In a little cafe just around the bend".

("Calling you", da Bagdad café)


Il primo vero weekend molto caldo della California; il traffico di gitanti nei dintorni di Los Angeles; un giorno di anticipo sulla tabella di marcia; un po' di stanchezza. Alla fine, la lazzaronite prende il sopravvento: sonno prolungato, giornata di relax a bordo piscina. Barstow non è Santa Monica, ma gli ultimi km della nostra “strada 66” devono essere vissuti come si deve. Quindi, ci siamo detti: arrivare a Los Angeles di domenica come tutti? No! Noi siamo in vacanza, ci arriviamo il lunedì! E perciò oggi poche foto, bagno in piscina (un po' freddina) e total relax.


Nota a margine 1: carina la piscina... un po' da risistemare ma dignitosa: diciamo che è molto molto meglio delle pozzanghere viste finora. La cosa un pochino inquietante è il cartello visto all'improvviso appoggiato alla casettina degli attrezzi. Dice più o meno così (se sapete l'inglese c'è qui la foto a fianco): "ATTENZIONE quest'area contiene uno o più agenti chimici noti allo Stato della California per poter causare cancro, difetti congeniti e altri problemi riproduttivi"...

Questa diventa così la giornata che ci dà modo per una riflessione su usi e costumi degli americani.


Tema 1: "i motel".

I motel sono comodi, diffusissimi, a prezzo più che abbordabile, anche se si passa dalla topaia più inquietante, con porte e finestre bisunte e diroccate, al castello di Re Artù (ebbene sì, lungo la strada abbiamo visto -e giustamente evitato- un “Camelot Inn”...). Lungo le 2 mila e rotte miglia di "66" si passa da quelli storici, ancora in funzione, a quelli ricostruiti cercando di mantenere la matrice originale; da quelli moderni e dotati di tutti i comfort, ai veri e propri alberghi, spessissimo di catene diffuse in tutti gli States e presenti in ogni paese che abbiamo attraversato. E poi comunque basta adattarsi: chi non ha difficoltà a convivere con insetti e odor di chiuso, trova anche a meno di 30 dollari la camera.

In tutti, immancabile, c'è in camera tv, frigorifero, forno a microonde: qualcuno la macchinetta del caffè con i filtrini ad hoc; qualcuno ha internet (con o senza fili). E qualcuno ha la piscina, interna o esterna, come quello in cui siamo ora: beh, prima sarebbe servita a poco visto il clima. Imprescindibili sono anche i distributori di ghiaccio, le macchinette delle bibite e delle ciugnate più pazzesche.

Ma questo nostro a Barstow ha anche una particolarità: è stato costruito sopra due cactus giganti, che ora sembra facciano da impalcatura, e tutto il giardino che lo circonda è curatissimo e ben verde. In California è importante. Così per curarlo il perimetro del motel è disseminato di bocche d'acqua che al momento opportuno vengono messe in azione. Ma il getto è incurante di quel che trova intorno: macchine, finestre aperte, tappeti, letti, esseri umani di passaggio... dove va va... se ti becca al momento giusto, è doccia gratis.


Tema 2: “i drive-in”

Dici drive-in e ti viene in mente il cinema all’aperto di “American Graffiti” o “Happy Days”. Di alcuni di loro resistono lungo la Route 66 alcuni resti. Ma nel tempo presente, quando ad un americano giovane parli di drive-in, per lui intendi solo 2 cose. La prima sono i fast-food (davvero una sterminata infnità, anche nel depresso sud) perché tutti hanno lo sportello per le ordinazioni dalla macchina, dove puoi sfogarti a prendere le più impossibili combinazioni di burger, senza alzare di un millimetro il sedere dal sedile o pensare di fare un passo a piedi dal parcheggio al tavolo.

L’altra accezione del termine, e questa mi ha sorpreso un po’ di più, è che ovunque è pieno di bancomat drive-in. Che qui si chiamano ATM, ma anche in questo caso permettono di prelevare senza andare oltre lo sforzo di abbassare il finestrino...


Nota a margine 2: si diceva macchinette che vendono ciugnate: non parliamo dei negozi. Davanti al nostro motel, ma anche in ogni shop o in qualsiasi distributore, c'è il negozio del "food": letteralmente "cibo". Sarà ma vendono solo dolci industriali, bibite di ogni tipo e la più grande collezione di patatine al gusto di “qualsiasi cosa” che abbia mai visto.

domenica 19 aprile 2009

Carpe... diem? Non stavolta!

Il passaggio tra Arizona e California è stato, se vogliamo, anche un po' la sagra delle occasioni perdute. Appena prima di lasciare il penultimo Stato, siamo passati alla distanza minima (una cinquantina di miglia) dal Grand Canyon.
Sarebbe stata bella una deviazione, anche solo per respirare un framme
nto della bellezza naturale di quella regione. Ma "lo scopo del viaggio è la Route 66", quindi avanti!

Questa mattina, partiti da Needles, ci siamo addentrati nel deserto. Dopo 70 miglia abbiamo incrociato uno dei locali storici della "66": un distributore con annesso chioschetto, e il gestore armato di pistola, pronto ad ogni evenienza (certo mica può gridare aiuto perduto nel nulla). A poche miglia da lì, ecco la deviazione per un altro monumento storico: il "Joshua Tree National Park". Sarebbe stata bella una deviazione, anche solo per respirare un frammento della bellezza naturale di quel luogo. Ma "lo scopo del viaggio è la Route 66", quindi avanti!

Beh, ci può stare: il programma prevede una sosta al Bagdad Cafè: non quello originale, nella cittadina di Bagdad, ma quello fittizio, qualche miglio più a ovest, usato però nella finzione cinematografica per il film "Bagdad Cafè" (1987).
Ci accoglie la cameriera al servizio di Andrea (femminile) Pruett: prende le ordinazioni e, pur essendo gli unici avventori, riesce a sbagliarne due su tre. Chissà quando il locale si riempie, come al momento della nostra partenza: un pullman di turisti francesi ed altre comitive in auto.

Così eccoci arrivarti alle porte di Barstow, sede di tappa di oggi. Decidiamo di fare una deviazione verso Calico, città fantasma del vecchio west delle miniere d'oro, ora diventata una gigantesca attrazione turistica. Fin troppo finta, fin troppo americana: casettine piene di boutique, ristoranti, negozi di ogni tipo: persino il mago del cuoio che ti costruisce una sella davanti agli occhi. Si ma poi come la porti a casa una sella fatta a mano da 2 mila dollari? E soprattutto che cosa te ne fai?

Spostandoci da Calico a Barstow, passiamo dall'incrocio con la freeway che conduce diretta a Las Vegas. Che non dista molto (anche se eravamo passati più vicini alla città -ed al nono stato, il Nevada-). Sarebbe stata bella una deviazione, anche solo per respirare un frammento della follia inarrestabile di quel luogo. Ma "lo scopo del viaggio è la Route 66", quindi avanti!

Una consolazione? Siamo ormai alle porte di Los Angeles; domani si concluderà la rincorsa a Santa Monica e con un giorno d'anticipo. Beh, niente Grand Canyon, niente Joshua Tree, niente Las Vegas... Ma un giorno intero extra sul Pacifico, tra stelle di Hollywood e un'estate già di casa...

sabato 18 aprile 2009

Dream of Californication

"Cielo grigio su
Foglie gialle giù
Cerco un po’ di blu
Dove il blu non c'è
Sento solo freddo
Fuori e dentro me
Ti sogno California
E un giorno io verrò"

Beh, questa canzone dei Dik Dik (o l'originale dei Mamas & Papas) ha fatto molto ai miei sogni da ragazzino di arrivare, un giorno, in California. Quel giorno è finalmente arrivato, alla veneranda età di quasi 42 anni... Un'emozione che finalmente, ho provato.
Ma come spesso è capitato in questo viaggio, è stata una falsa partenza: l’idea iniziale di fotografare tutti i confini di Stato s’è infranta con la realtà dei fatti: in pochi casi, sulla strada, c’era un bel cartello accessibile. Quello tra Arizona e California -ad esempio- è piazzato su una corsia dell’autostrada I-40, in mezzo al ponte sul fiume Colorado (blu, bello: una botta emozionale vederlo lì sotto) e senza corsia di emergenza. Fare una foto? Meglio non rischiare la vita! Quindi, come al solito, anche oggi si esce alla prima occasione buona, si rientra nel senso opposto di marcia e si torna immediatamente nello Stato di provenienza.
Insomma: la mia prima California è durata 10 minuti circa. Ma non so se posso dire, dopo esserci rientrato per continuare il nostro cammino, che era la seconda volta. C’è un minimo legale di permanenza?


"Sento solo freddo... Fuori e dentro me".
Dopo aver letteralmente stressato il mondo con il clima che ha accompagnato il nostro viaggio, è anche giusto che aggiorni la situazione. Ieri sera asiamo andati a dormire a Flagstaff con l'ennesima nevicata. Che ha imbiancato ogni cosa, bici dimenticate per strada incluse (vedi foto). A Needless, dove passeremo questa notte, ci siamo arrivati con il termometro sui 32 gradi: non Fahrenheit (che sarebbero 0° nostri) ma proprio Celsius, ovvero 90°F.
Il bello è che c’è un sottilissimo venticello non fastidioso, ed una umidità del 15%. Maeraviglioso! Nella notte scenderà un po’ la temperatura, ma poco; di certo non sotto i limiti di guardia.
E poi “Weather Channel”, che non manca mai nei canali delle tv degli hotel/motel, ci assicura che fino a martedì sarà caldissimo e bellissimo: lunedì, addirittura, a Needless si arriverà a 101°F (39°C). Facendo due conti, siccome abbiamo un giorno di anticipo sulla tabella di marcia, che passeremo a Santa Monica/Venice Beach, mi sa che ci scappa il bagno nel Pacifico. Altro sogno da realizzare, e mai così a portata di mano.

Ma prima, c'è il deserto. Domani ci toccano 140 miglia nel deserto del Mojave, fino a Barstow, passando per il “Bagdad café”. Temperature oltre i 35°C. Io ho cominciato a buttare (letteralmente) un paio di scarponcini ormai consunti e il gilet di finta piuma sintetica ormai derelitto. Ma che finora mi hanno salvato la vita.
California, non mi tradire...!.

Per la cronaca, oggi oltre ad attraversare il confine di Stato, ci siamo fermati un salto a Seligman, luogo dove vivono due fratelli (Angelo e Juan Delgadillo) che hanno avuto l'idea di istituire l'associazione per il recupero della tradizione della Route 66. In sostanza, è colpa loro se siam venuti qui. Ora, l'ex barbiere e il fratello ex barista, gestiscono una specie di bazar "tacchi, dadi, datteri" tutto votato alla 66. E fanno affari d'oro. Perché questo è il cuore pulsante del sogno della 66!

Volete sapere del cibo? Lasciamo stare, via... due tracce: potevamo lasciarci scappare un tocco etnico vedendo un ristorante tipico della 66 (?) gestito da cinesi/indonesiani? E dove si va la sera, quando in città non c'è nulla di nulla?

Cielo grigio su...

venerdì 17 aprile 2009

Mi converto alla natura! Giuro!

Forse mi serviva proprio una giornata così. Una giornata in cui ho capito che se continua a nevicare fuori stagione, se fa freddo a fine aprile anche alle 3 di pomeriggio nel deserto e tante altre cosine, forse sotto c'è un messaggio.
Vado con ordine...

Il New Mexico ci ha salutati a Gallup regalandoci una notte con fiocchi turbinanti e al risveglio un velo di neve e con circa meno 6 gradi (Celsius). Ma gli ampi squarci e l'ottimismoci han portato a pensare che l’ingresso in Arizona poteva essere accompagnato da un miglioramento del clima. invece è bastato addentrasi di qualche decina di miglia (e di qualche ora nella giornata) per ritrovare nuvole, freddo e, in serata -che novità- ancora la neve.
Non so se ormai sono plagiato dagli eventi, ma la prima insegna che ho visto entrando a Flagstaff era quella di un negozio di sci... E io mi ricordo storicamente l’Arizona come un posto di cowboy sempre sudati e accaldati!
Ma non sono il solo: il ranger che ci ha timbrato il biglietto al Meteor Crater ci ha detto con un ghigno che questo era “l’inverno più freddo degli ultimi 40 anni...”. Io ho tentato di fargli notare che saremmo già in primavera, e da un mesetto circa...

La prima cosa in cui ci si imbatte, da est, entrando in Arizona, oltre al cartello “Grand Canyon State” (marchio registrato... come se qualcuno potesse decidere un giorno di dare questo slogan alla Svizzera o di chiamare così una catena di hamburger...) è il “Petrified Forest National Park”, che si distende per parecchie miglia benissimo conservate all’interno del “Painted Desert”, un deserto a cui gli elementi della natura hanno regalato una colorazione unica ed indescrivibile. Una vera magia. Si chiama "pietrified forest" perché una parte raccoglie resti di una foresta (alberi) cristallizzati e mineralizzati. Dire incredibili, sia per la sostanza che per i colori, è dir poco.

A metà strada circa tra il “deserto pitturato” e Flagstaff, c’è il “Meteor Crater”: immaginatevi un buco, profondo 150 metri, del diametro di 1 miglio, creato da una palla di metalli pesanti, di circa 45 metri, piovuta a circa 12 miglia al secondo dal cielo. Ecco, quel coso lì! Intorno a questo, gli americani hanno costruito un museo dell’astronautica, e nel cortile è presente una delle capsule Apollo.

- Prima riflessione del giorno: come ha fatto quel coso lì a volare sulla Luna e tornare? A vederlo lì fermo, sembra un confetto gigante di plastica: ma s'è fatto andata e ritorno, con tanto di "lem" appeso in testa... Ma soprattutto, io mi domando come abbiano potuto starci in 3 persone per più di una settimana: obbligati a vivere dentro quel capsulino così poco rassicurante?
Non dico soltanto farci i bisogni, che già non mi sembra un’impresa da poco, con la tuta imbottita e il resto... e mi immagino anche il "profumo" (non se ne parla di aprire il finestrino, anche perché non l'ho visto...): dico proprio a sopravvivere in 6 metri quadrati, per 24 ore al giorno... senza letto, senza possibilità di alzarsi dalla poltrona senza calpestare un pezzzo del collega di fianco...

- Seconda riflessione del giorno: vista la maestosità del parco della Foresta Pietrificata; vista la prepotenza del Meteor Crater, cosa aspettiamo a rimetterci in pace con la natura? Se il pianeta si arrabbia, per noi è finita. Mai prima d’ora, attraversando questi spazi, leggendo cartelli minatori (“serpenti e rettili velenosi sono presenti nell’area... fate attenzione”) mi son reso conto che noi siamo proprio dei brufoli piccoli piccoli sul pianeta. E se vuole, la Terra ci cancella in un attimo! Teniamocela buona più che possiamo...

- Riflessione finale per non fare troppo il serio: nella restroom di un café dove ci siamo fermati a mangiare e a comprare cartoline del vecchio west, ho fotografato un dispensder di preservativi. Non perché son maniaco, ma perché era davvero davvero curioso. Al prezzo di 75 cent, si poteva acquistare o un semplice condom, o l'irresistibile "Love Kit" comprendente (lo scrivo in inglese perché mi vergogno) oltre al condom, però in versione "exotic", una "climax control lotion", uno "swedish massage oil" e il misterioso "oriental exciter". Praticamente regalato... per la cronaca, curiosità tanta: colletta... anche se abbiamo inserito le monetine nel dispenser giusto, è uscito solo il condom. Delusione mortale! Adesso chi mi spiega cos'è l'oriental exciter? E con cosa è fatto l'olio per massaggi svedese?

giovedì 16 aprile 2009

Ultim'ora (locale 21.46, in Europa 05.46)

Non ci credevate? Ecco la prova!!!
Qui non solo siamop scesi (come da previsione) sottozero. Ma la neve, che grazie al vento, si muove in orizzontale, sta facendo imbiancare ogni cosa! Io non so tra 8 ore quando ci svegliamo in che condizioni troveremo il mondo fuori dalla finestra... Prometto che ci sarà un aggiornamento!
Nell'attesa, incrociate quel che potete per noi: avete 8 ore per darci una mano dalla distanza... qui tutto pensavamo, tranne di trovare davvero la neve nel sud degli Usa a metà aprile...

Vento atomico (e neve)

Io, che avrei voluto di studiare fisica nucleare (poi son stato talmente scarso, nei primi anni a scuola, che ho dovuto cambiare indirizzo... per fortuna) ad Albuquerque un girettino alla base dell'air-force che ospita il "Museo dell'Atomo" l'avrei fatto volentieri, ma in effetti non c'era gran tempo. Eppure, recandoci di buona mattina verso il centro della città (la via principale combacia con la Route 66, che in città si chiama Central Avenue ed è lunga la bellezza di 18 miglia) ho capito che quella di oggi sarebbe stat auna giornata "atomica"!
Intanto non avevo mai visto prima, su un edificio, il cartello : “fallout shield protection”. In pratica c’è un rifugio antiatomico nei sotterranei. E posso anche capire: qui in New Mexico ha preso vita l'escalation nucleare mondiale. Il 16 luglio del 1945 ad un centinaio di km da Alamogordo, paesino a 200 miglia da Albuquerque, avvenne la prima esplosione atomica: ovvero la realizzazione di quel “Progetto Manhattan”, con base a Los Alamos, a cui contribuirono Robert Oppenheimer ed Enrico Fermi. Pochi giorni dopo quel test, “fat man” e “little boy” furono sganciate sul Giappone, cambiando per sempre il mondo.
L'atomo ci accompagna anche a Grants: qui c'è il “New Mexico Mining Museum” e Grants, è una località non scelta a caso per ospitarlo, dal momento che è il capoluogo dell’area mineraria più importante del new Mexico e di sicuro degli Usa per un trentennnio, visto che l'uranio qui spuntava come la lattuga da noi.

Prima di arrivare a Grants, alle porte di Albuquerque abbiamo reso omaggio al Rio Grande, fiume che ha fatto la storia del west (e del cinema western) che qui scorre tranquillo. La cosa che colpisce, nel parco che circonda l’area, sono i cartelli messi a protezione dei turisti. Che gli americani con le precauzioni esagerino, è cosa nota: ma leggere un cartello con scritto “evitate di fare picnic durante le bufere di vento” o “evitate di dar fuoco agli alberi” è abbastanza eccessivo...

Ammirato il “Continental Divide”, ovvero a quel punto degli States nel quale le acque piovane da un lato defluiscono nel Pacifico; dall’altro nell’Atlantico, sempre lungo la Route 66 arriviamo a Gallup, ovvero alle porte dell'Arizona. Dove ci accoglie un vento che sposta le auto e piega gli alberi, e una temperatura polare. Massima: 16 gradi al sole (ma ventosi); minima prevista in nottata: MENO 6, con possibilità di neve del 50%. Io posso solo dire che, usciti dal ristorante alle 8.30 circa, con il termometro dell'auto che segnava 38 gradi Fahrenheit (da noi sarebbero 3°C) il vento portava i fiocchi. E che ora, alle 21.30 mentre scrivo, qui fuori sembra la vigilia di natale... Speriamo smetta, altrimenti domattina serve davvero il 4x4... Ma anche qualche maglione!

mercoledì 15 aprile 2009

Metà strada... ma sarà vero?

Facciamo un salto indietro, a ieri sera. Siamo a Vega, Texas: 4 motel, 1 saloon, circa (dice la targa del paese) 500 anime. Sarà.. magari vivono nei silos giganti che ti accolgono praticamente all’ingresso di ogni paese, perché di case ne abbiamo viste proprio poche... Orbene, con 1 solo ristorante a disposizione: dove pensate che si vada a mangiare? Naturalmente al “Boot Hill”, un Saloon tipico texano, in legno, con le mezze porte basculanti, proprio come nei film. Ci accoglie Michelle, una cameriera piuttosto ben tornita e addobbata in un costume rosso di pizzi e sintetico, quasi come quelle vere dei western.

Dopo Vega, la prima fermata è la cittadina di Adrian. Un solo caffè, e sosta forzata per la colazione: ma attenzione: questo è il famoso “Midpoint Café”: secondo le misurazioni ufficiali siamo esattamente alla metà della Route 66: a noi il conto continua a sembrare un po’ sballato, ma prendiamolo per buono. Anche perché qui ci sono sia la targa ufficiale di misurazione, sia quella che i solerti gerenti del bar hanno apposto per attirare ancora più turisti. E ci sanno fare: sono affabili, disponibili (“Volete la foto? Faccio io”) e furbini: tutto costa un po’ di più del normale, dalle consumazioni ai gadget dell’immancabile ministore annesso e connesso.
Che -da buoni texani- questi pensino in grande lo dice anche il dettaglio: invece di firmare l’immancabile registro degli ospiti, loro ti propongono di firmare il vecchio pick-up di famiglia...!

Salutiamo il Texas e dopo l’ennesima ghost-town, Glenrio, adagiata sul confine, arriva il New Mexico. E già tutto cambia: la prima cosa che incontri è l’ufficio turistico, che ti regala caffè e mappe. Poi il paesaggio: la steppa del west, coi cespuglietti qua e là, come nei film. Ed un clima un pochino più caldo: oggi sfioriamo i 25 gradi, via le felpe!

Noi puntiamo diritti su Albuquerque: abbiamo da dare la caccia ad una cintura western per Francesco e vedere se il “mitico” vestito di Mariano è arrivato. Cecc trova la sua cowboy-belt; Mariano scopre che il vestito non è mai partito dall'ordine fatto a Oklahoma City. La nostra Route 66 sta per diventare un “Jos Bank Tour”, visto che abbiamo già visitato ben 6 punti vendita, e ci toccherà il prossimo a Rancho Cucamonga, California!

Scende la sera, la città ci accoglie e ci ospita. E domani ancora una giornata nel New Mexico: contiamo di portarci fin quasi al confine, Gallup. Però se devo dire una cosa, mi sa che questo stato mi piace. Altro che la "grandeur" texana... qui è davvero tutto carino. E non siamo riusciti a fare la deviazione su Roswell: vuoi mettere trovare un pezzo di Ufo?

martedì 14 aprile 2009

Ciao Texas, domani New Mexico

Shamrock vorrei dimenticarla in fretta... un po’ come Vinita. Peccato che dove dormiamo stanotte ci sia, proprio davanti al Motel, un distributore che si chiama Shamrock. E il motel in questione, si chiama Bonanza. Popolato da noi, dall’ennesimo pachistano che gestisce i motel (siamo a 6 su 7) e da un truck-driver. Vega, questa è la città, sono due anime in croce. E i telefoni cellulari non funzionano. Sembra di essere in un altro mondo.

Con domani mattina, lasciamo il Texas, cambiamo fuso orario (saremo a -8 dall’Europa) ed entriamo in New Mexico. So abbastanza per certo che il Texas non mi mancherà... Due generazioni di Bush a parte (e qui c’è addirittura un paesino che si chiama Bushland... credo più in onore ai cespugli che non alla sua famiglia) e nonostante le smisurate campagne, il Texas è uno Stato un po’ sui generis: molto legato alla propria bandiera (quella con una sola stella, la “Lone Star”... e chi se ne importa degli altri) e molto poco al suo segmento di Route 66. Infatti, per ora, è l’unico Stato (su 5) che non ha personalizzato i cartelli storici. Anzi, ne mette proprio pochi sul tragitto. Va bene che costeggia l’Interstate, quindi non è difficile da seguire...
I texani mi paiono un po’ convinti che son loro i migliori in tutto: hanno il più bel motel sulla 66 (ne abbiamo visti circa 30); le migliori bistecche della 66 (una ventina). E non ho mai visto così tante chiese: ad Amarillo ce ne sono ad ogni incrocio; credo che qui siano rappresentate più o meno tutte le confessioni spirituali possibili e immaginabili, Cavalieri Jedi compresi... E a Groom, conficcata in un prato, visibile da chilometri e chilometri di distanza, c’è la “più grande croce dell’emisfero occidentale”!
Fuori Amarillo, c’è il più grande discount di selle per cavalli del mondo; c’è il “Big Texan Steak House” che non è un locale come gli altri (e si vede dai murales che lo circondano): è apprezzato soprattutto per la sua superofferta perenne: se siete capaci di mangiare una bistecca di 72 once, con tutti i contorni del caso, in 1 ora, non la pagate. Giusto per capire, 72 once sono 2 chili!

Ogni tanto, ci capita di sbagliar strada: Mariano ha battezzato questa nostra attitudine “pascolata”. Oggi, tra la ricerca di un centro commerciale per rifornirci del necessario per il viaggio, il tentativo di trovare il Western Store annunciato in un cartello sulla strada e i normali errori di valutazione (qui le indicazioni te le mettono a 3 centimetri dalla svolta: se non sei attentissimo, o inchiodi –tanto il traffico, fuori dalla Interstate, è davvero ridotto ai minimi termini- o passi oltre e devi fare inversione) abbiamo fatto lo stesso pezzo di autostrada, avanti e indietro, ben 5 volte... 90 km tanto per gradire...


Uno di questi vai-e-torna è servito per arrivare al famoso “Cadillac Ranch”: impossibile passare da Amarillo e non fermarsi (anche se noi ce ne stavamo dimenticando...) ad ammirare le 10 Cadillac, infilate nel terreno, colorate e graffitate da almeno 20 strati di turisti. Perché il “Cadillac ranch” (che è stato spostato di alcuni metri, seguendo negli anni l’evoluzione della Route 66, ora diventata Interstate 40) se vogliamo, è proprio l’essenza effimera di uno Stato come il Texas. Il poco che diventa spettacolo a tutti i costi.


GPS Position (se va...)